Intervista a cura di Daniela Sardella e Jennifer Gaspari.
Amabili lettori eccoci con il nostro speciale appuntamento Intervista. Questo spazio è dedicato ai nostri Autori in diversi Format. Un Format studiato da Amabili prevede: Articolo Intervista Scritta, Recensione testo e infine, da pochissimo, abbiamo inserito le nostre Live dove andiamo ad approfondire e conoscere meglio chi crea i nostri amati libri. A volte la sequenza delle attività potrebbe subire variazioni, ma troverete sempre il mini blog tour completo. Detto ciò, anche questa settimana abbiamo il nostro speciale ospite, un autore già conosciuto precedentemente e che seguiamo con grande interesse, in più farte della CE Horti di Giano, con la quale collaboriamo.
Oggi per Amabili ci sarà Roberto Monti che parlerà del suo percorso personale e ovviamente presenterà l’ultimo lavoro: “Blood Red Paint” edito dalla Horti di Giano di Simone Colaiacomo. Nell’articolo ci saranno le nostre personali domande in attesa della Live che si terrà domani nella pagina ufficiale Facebook. Segnate l’appuntamento: “Domani, ovvero Giovedì 20 alle ore 18.00. Vi vogliamo numerosi! In più ricordiamo che Venerdì 21 uscirà la Recensione del testo. Ora vi lasciamo curiosare un po’.
Buona lettura da Dany e Jenny.
Solitamente la nostra domanda iniziale verte su una presentazione dell’ospite, dell’autore. Quindi ti chiediamo: chi è Roberto Monti?
Prima di tutto, volevo ringraziarvi per avermi ospitato qui da voi. Chi è Roberto Monti…? Bella domanda. Sono un giovane uomo che cerca di districarsi fra l’essere padre, marito, figlio, fratello e amico, cercando sempre di migliorarsi. Per il resto del tempo, sono me stesso: una persona in continua ricerca di un equilibrio e di un modo per esprimersi.
Come ti sei avvicinato a questo meraviglioso mondo della letteratura?
Sin da piccolo, ho sempre avuto attorno a me una montagna di libri. Ricordo addirittura che ci costruivo le piste per le mie macchinine, usavo infatti i volumi di Esplorando il corpo umano come frammenti di asfalto. Poi, crescendo, la scuola mi ha dato una via da percorrere anche se ho sempre avuto molta difficoltà ad affrontare le letture “consigliate” dagli insegnanti. Solo dopo il liceo ho iniziato a leggere quello che mi piaceva, senza obbligo alcuno. Non sono un divoratore di tomi, preferisco leggerne pochi, ma con estrema attenzione. Ho sempre una visione critica e analitica quando leggo oppure quando guardo un film e questo ne condiziona, inevitabilmente, anche l’approccio.
Solitamente un grande lettore, andando avanti, matura e desidera anch’esso scrivere, dare vita a pensieri o storie. Quando è nato in te questo bisogno e come hai coltivato la passione?
Sono molte le occasioni che mi hanno dato dei segnali, diretti e indiretti, sul fatto che scrivere potesse essere un modo per divertirmi e condividere le mie storie. Uno, per esempio, appartiene agli anni del liceo. Infatti, quando dovevo raccontare qualcosa che era accaduto nella realtà, aggiungevo sempre dei particolari inventati per dare maggior enfasi alla narrazione. I miei compagni avevano dato anche un nome a tutto ciò: il Particolare Monti. Forse è proprio da lì che è partito il mio viaggio.
Oggi siamo qui per parlare non solo del tuo percorso come scrittore, ma andremo a presentare il tuo ultimo scritto dal titolo:
Blood Red Paint. Vuoi spiegarci come nasce l’ispirazione e di cosa parla, ovviamente a grandi linee?
Blood Red Paint, edito da Horti di Giano che ringrazio, è incentrato sul mondo dell’arte, per lo più quella clandestina dei writers. Quel mondo, che ora è chiamato la street-art, mi ha sempre affascinato e, nel mi piccolo anche ora, mi ha visto protagonista. Ho cercato quindi di rendere omaggio a quella che è una delle discipline dell’Hip Hop, architettando una serie di delitti che condurranno il detective Thomas Hardy a investigare in quel mondo e che lo vedranno scontrarsi nuovamente con la realtà di Tap Town, dove nulla è mai ciò che sembra.
Dopo Blue Room Hotel ci riporti a Tap Town, che sembra essere la perfetta cornice per il mistero e per i tuoi personaggi, anzi, nei tuoi romanzi la città sembra essere lei stessa un personaggio. Quanto è importante per te, quindi, l’ambientazione di una storia per renderla indimenticabile?
Devo confidarvi che Tap Town è parte di me. Sono ormai diversi anni che colloco le mie storie in questa città. Credo che sia l’ambiente in cui uno cresce a influenzarne i gesti e il destino. Nessuno, frutto di invenzione o persona reale, è totalmente esule dagli input che riceve dal mondo esterno, Tap Town è quindi la somma di tutti i personaggi che la abitano. È il fulcro delle loro azioni, ma anche causa e conseguenza di esse. Mi fa molto piacere che sia passato questo suo aspetto, quello di essere a tutti gli effetti la reale protagonista dei miei romanzi.
In Blue Room Hotel al centro della storia c’erano i libri, gli scrittori… In Blood Red Paint tutto gira attorno ai Writers che imbrattano Tap Town con i loro capolavori di vernice spray. Scrittori e writers… Insomma, il vortice dei tuoi misteri sembra essere sempre, in qualche modo, legato al mondo del segno e della libertà di espressione, è uno dei messaggi che vuoi trasmettere?
Come vi dicevo prima, sono alla continua ricerca di un modo con cui esprimermi. Se non lo trovo, sto fisicamente, oltre che mentalmente, male. Soffro molto e di riflesso anche chi mi sta accanto. Esprimermi, per me, è alla base della libertà. Viviamo in un mondo dove tutti vogliono conquistarsi i propri quindici secondi di fama sui Social, seguendo le regole dettate da un ferreo e catalogante algoritmo. Se Pitagora fosse vivo in quest’epoca, sarebbe molto felice visto il suo amore per i numeri e le costanti. Io cerco di trovare il giusto equilibrio per non cadere vittima di questa frenesia dell’apparire. Lasciare il proprio segno non significa essere il più visibile, ma esserci. Infin dei conti, questo è uno dei concetti alla base del movimento dei writers, se ripenso al buon vecchio Taki 183, uno fra i pionieri del writing.
Parliamo dei tuoi personaggi, tutti molto noir, molto legati alla città, sempre presi ad interpretare un ruolo risolutivo. Quanto lavoro c’è dietro la costruzione di questi protagonisti dalle tinte imperscrutabili? E una volta costruiti restano sempre sulla retta via o ogni tanto ne perdi il controllo?
Quando scrivo non ho ben in mente cosa possa accadere nei miei romanzi. Questo scoprire parola dopo parola, azione dopo azione ciò che accadrà, mi lascia libero movimento sia per la trama sia per i personaggi che inserisco man mano. Ho delineato soltanto Thomas Hardy ed è con lui che scopro gli altri protagonisti e gli angoli di Tap Town. A volte credo di non conoscerli nemmeno io del tutto (ride). Anche questo rivelarsi con l’evolversi dell’indagine, dona a loro un’aurea di mistero e di imperscrutabilità. Si parla ovviamente della prima stesura del romanzo, quella che nessuno legge e che poi viene riletta e corretta per aggiustare il tiro prima di consegnarla all’editore.
Nei titoli dei tuoi libri ritroviamo sempre la presenza di un colore. È una scelta che vuole marcare un percorso cromatico identificativo oppure è un modo di legare, in qualche maniera la serie “I Delitti di Tap Town”?
La verità è che i colori mi piacciono almeno quanto le parole e i suoni che creano messe insieme. La musicalità è secondo me un elemento molto importante nella scrittura che se trovata, aiuta a far dimenticare di star leggendo e ti ancora maggiormente nel mondo d’illusione che deve essere la narrativa. Si è deciso, solo in un secondo momento e confrontandomi con il mio editore, che questo è uno degli elementi che unisce la serie.
Parlando sempre di colori, a questo punto, essendo curiose, vorremmo sapere: quale colore ti si addice o meglio di che colore è la tua anima?
Sono una persona riflessiva e calma, credo che il colore che più mi si addica sia quindi il blu. Non ho però un colore preferito, vado a momenti.
Ci dobbiamo aspettare un terzo capitolo della serie? Rimarremo ancora a Tap Town?
Certo! In pentola stanno bollendo diverse novità in arrivo ad autunno. Le strade di Tap Town hanno ancora molto da raccontare. Stiamo lavorando a un graphicnovel con il mio editore ambientato sempre a Tap Town con protagonista il mio detective Thomas Hardy. Per la saga de “I delitti di Tap Town” invece, che serie sarebbe se si fermasse a due?
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