Progetta un sito come questo con WordPress.com
Crea il tuo sito

Amabili Interviste per la WritersEditor.

Intervista a cura di Daniela Sardella.

Appuntamento dedicato alla collaborazione con la Casa editrice WritersEditor e quindi si va con Intervista. Come sempre abbiamo un ospite che si metterà in gioco, si racconterà e presenterà il proprio scritto. L’ospite in questione è un Autore già recensito da Amabili. Ora vi proponiamo l’intervista per poter conoscere al meglio l’Autore e tutti i retroscena della Storia. Siete pronti? Con noi oggi Rino Tagliafili che ci parlerà di “Collo di Bottiglia”.

Ecco la nostra intervista. Benvenuto Rino Tagliafili.

Iniziamo a conoscere il nostro ospite, quindi domando: Chi è Rino Tagliafili?


Sono un romagnolo doc classe 88 con la passione per la lettura, la scrittura e tutto ciò che riguarda l’arte.
Nella vita sono un infermiere amante dei viaggi con un cervello iperattivo in funzione 24 ore su 24 che, se da un lato è una piaga per la mia sanità mentale, dall’altra mi offre spunti e riflessioni che poi butto giù su carta.
Vivo a Cervia con la mia compagna, mia figlia Margherita e la mia cagnolina. Ovviamente Rino Tagliafili è uno pseudonimo! ‘Rino’ è il soprannome che mi è stato appioppato fin da bambino, non chiedetemi perché!
Mentre ‘Tagliafili’ l’ho preso dalla Storia. Durante la Prima Guerra Mondiale i “tagliafili” erano soldati specializzati nell’assalto delle trincee nemiche. Folli o coraggiosi, attaccavano il filo spinato degli avversari armati solo di bombe, coltelli e, appunto, una cesoia. Erano missioni suicide, le probabilità di riuscire nell’impresa erano bassissime. Però chi vi riusciva dava l’opportunità ai suoi compagni di attaccare e probabilmente vincere la battaglia. Ecco, io ho preso spunto da ciò come metafora della mia esperienza da scrittore: sarà difficile, solo uno su mille ce la farà, ma io sarò uno di quelli. Un soldato/scrittore che con la sua tagliafili/penna riuscirà a tagliare il filo e realizzare i suoi sogni!


Quando si è avvicinato alla lettura, e come ha coltivato questa passione?


Mi sono avvicinato alla lettura da piccolo con i libri del ‘Battello a Vapore’ e successivamente con i ‘Piccoli Brividi’, di cui ho una vasta collezione. Poi ho proseguito sporadicamente tra fumetti e manga durante la mia adolescenza per riscoprire i libri quando ho iniziato a lavorare. I lunghi tragitti in autobus per arrivare al lavoro erano felicemente riempiti da grossi romanzi Fantasy e Thriller. Successivamente ho scoperto il Noir, il Pulp, l’Hard Boiled e mi si è aperto un mondo. Scrittori come Palahniuk, Bukowski, Welsh, Brizzi, Nove, Scarpa, Ammaniti, Tondelli mi hanno fatto scoprire un tipo di letteratura nuovo e, ai miei occhi, incredibile. Sono stati autori come loro a tenermi incollati ai loro libri e ad ispirarmi ed iniziarmi alla scrittura.


Chi ama leggere, prima o poi matura il desiderio o la necessità di raccontare qualcosa di suo, una storia da condividere. Quando e come è iniziato il suo percorso di scrittore?


Il mio percorso da scrittore è iniziato nel 2013. Era un periodo non facile per me a livello personale e professionale. Mi ero appena laureato e la crisi economica globale non mi permetteva di trovare lavoro; a questo si aggiungevano problemi sul lato sentimentale. Ricordo la sensazione di sconforto e la necessità di sfogarmi e schiarirmi le idee. Così iniziai a buttare giù pensieri sparsi, citazioni, brevi poesie, aforismi. Mi sentivo meglio. Raccontavo me stesso e ciò che sentivo (nel bene e nel male) e lo incidevo nero su bianco, lasciando, dopo ogni parola, anche un pezzettino del mio malessere. Poi ho raccolto tutto quello che ho scritto, ne ho stampate una ventina di copie e le ho regalate ai miei amici. Avevo voglia di sapere cosa ne pensassero. Nacque ‘Manifesto Visionario’. Ricevetti diversi apprezzamenti e complimenti che mi diedero il coraggio di ‘espandere’ i miei pensieri, ampliarli e di trasformarli nei miei primi racconti.

Oggi siamo qui per parlare del suo scritto ‘Collo di Bottiglia’. Vuole dirci a grandi linee cosa troveremo all’interno?


Questo è un romanzo un po’ ‘anomalo’. Racconta le vicende di pazienti rinchiusi in un istituto per malati psichiatrici. Ogni paziente ha la sua storia, il suo vissuto e il suo carattere. Sono ovviamente personaggi ‘particolari’ con pensieri inusuali e obiettivi ancora più strani. L’intreccio delle loro storie porterà a inaspettate conseguenze per i due loschi titolari dell’istituto psichiatrico. Due personaggi, se possibile, ancora più contorti. I due gestiscono un laboratorio per la produzione di droga nascosta dentro il centro (che funge quindi da copertura) e si vedranno costretti ad affrontare molteplici vicissitudini per continuare il loro losco lavoro. La polizia si intrometterà con decisione nelle dinamiche della casa di cura dopo alcuni eventi sconvolgenti ad opera dei pazienti. Tanti malati psichiatrici, polizia, traffico di droga, un mix davvero esplosivo.


Ora, andando nello specifico parliamo del luogo dove si svolge il tutto, i personaggi quindi inizierei a chiedere:
La scelta di un istituto psichiatrico per ambientare parte della vicenda le ha permesso di ‘disegnare’ alcuni personaggi senza far troppo caso al loro essere grotteschi e fuori dagli schemi?


Sicuramente l’escamotage dell’istituto psichiatrico mi ha permesso di far convivere tanti personaggi altrimenti difficilmente contestualizzabili. In realtà, e lo si potrà notare leggendo il romanzo, la storia è strutturata come tanti piccoli racconti, ognuno con un personaggio come protagonista. Mi piace questo tipo di composizione sia perché odio i capitoli lunghi, sia perché ogni capitolo può essere letto ‘a se’ senza rendere il romanzo troppo pesante. Inoltre è più facile seguire la storia, comunque ingarbugliata, dando spazio a tutti i componenti della banda! Ho avuto modo di lavorare in un istituto psichiatrico ed è stato illuminante. Tanti modi di pensare, tante realtà a me sconosciute fino a quel momento, tante vite fuori dall’ordinario. E’ stato per me fonte di grande ispirazione.


La differenza che si percepisce tra la prima e la seconda parte del libro, per stile e ritmo narrativo, presuppone che le due parti siano state composte non in contemporanea…è così?


Esatto. Come ho già detto la prima parte è un mix di tanti personaggi, formatasi dall’unione di diversi racconti e storie che avevo nel cassetto. La seconda parte è invece una sequenza più cinematografica con ritmi serrati e suspense. Io amo paragonare i miei racconti a delle canzoni punk-rock: brevi, veloci, potenti e di impatto.
Iniziano forte, mantengono l’intensità e poi all’improvviso finiscono. I miei romanzi sono creati sulla falsariga di questo. Mi piace la metafora della palla di neve: la storia inizia lentamente e prende velocità, la palla di neve scende dalla montagna acquisendo velocità ed ingigantendosi si trasforma in una valanga che travolge tutto. Ecco, ‘Collo di bottiglia’ è anche questo.

Tanti personaggi, tutti diversi…cosa è stato più difficile: adattare uno stile diverso per ognuno o cercare di non rendere troppo ‘pesante’ la narrazione al fine di non far perdere il lettore?


I personaggi erano già tutti presenti nella mia testa. Io scrivo come mangio, nel senso che cerco di caratterizzare ogni personaggio come penso possa esserlo nella vita vera. Ho viaggiato molto e ho conosciuto tantissime persone diverse, ognuna con il suo carattere e la sua cultura. Non mi è bastato far altro che elevare a potenza alcuni aspetti ed il gioco è fatto. Mi affascina il funzionamento del nostro cervello (in effetti lavoro in Neurologia!) e le sue patologie. Mi sono informato, ho fatto ricerche sulle più rare e particolari e le ho adattate ai miei personaggi. Successivamente ho lavorato sulla forma perché il rischio di rendere il minestrone troppo condito era alto. Aggiungere troppi ingredienti rovina il risultato finale. Credo di avere trovato la giusta dose di questi. Il testo è sbarazzino e, come mi piace pensare, ha preso vita da un certo punto in poi. La storia è decollata tra le mie mani. Il lettore sarà sballottato un po’ in giro, come un viaggio in auto attraverso tanti panorami diversi, ma con una strada dritta e ben delineata.

Le scene più concitate del libro, quelle d’azione e ‘confusione’ sembrerebbero quasi ispirate al genere ‘action’ del cinema, un misto però anche tra i film di Tarantino…c’è qualcosa di vero in questa affermazione?


Amo Tarantino e i suoi film. Mi piacciono i suoi dialoghi, le lunghe scene di suspense e le emozioni che ti trasmettono. Quell’alternarsi di frenesia e di quiete. Quell’humor e quei personaggi indimenticabili. Ho preso sicuramente spunto dai suoi film e in generale dagli action movie americani (molte volte ‘immeritatamente’ B movie) per le scene più concitate del romanzo. La storia lineare non fa per me. Le vicende nascono dai protagonisti che le vivono, da ciò che pensano e da quello che fanno. Ognuno ha la sua storia, la sua versione delle cose, la sua fine. I buoni vincono sempre solo nelle favole, nella realtà vince chi gioca più duro. I cattivi sono semplicemente l’altro lato della medaglia. E non amo chiamarli cattivi, perché tante persone là fuori sono così. Sono semplicemente umani.


C’è una cosa che ha attirato la mia attenzione, ovvero i titoli dei capitoli e il titolo stesso del libro. Come mai proprio Collo di Bottiglia e non ‘Resistenza’ o ‘Vita e Morte’?


Ogni capitolo ha un titolo ben definito che ne ricalca le caratteristiche, ne enfatizza un aspetto o lo descrive.
Come un breve racconto. Ritengo che ‘Collo di Bottiglia’ abbia le caratteristiche per rappresentare l’intero romanzo. Il fenomeno denominato ‘Collo di Bottiglia’ si verifica quando il numero di individui di una popolazione viene ridotto drasticamente da forze non incluse nella selezione naturale. Da una moltitudine di individui vi è appunto un passaggio attraverso una strettoia (un collo) e solo alcuni riescono ad arrivare dall’altra parte. Se, normalmente, questo calo demografico improvviso e devastante si verifica a causa di forze naturali, in questo caso la causa è l’uomo stesso. E’ l’uomo l’artefice del suo destino malevolo. Nel romanzo si verifica proprio questo: tanti personaggi che si incanalano nel buio e solo alcuni vedono poi la luce. Penso che sia il titolo più adatto al mio romanzo. Quando tutti i nodi vengono al pettine, quando si paga il conto, quando ogni regina torna sul suo trono e ogni pagliaccio al suo circo.


Una volta terminata la stesura ha mai desiderato di cambiar qualcosa del libro?


Per come è stato ideato il romanzo, come è stato scritto, per i suoi tempi e la sua vita sono molto soddisfatto della sua stesura. Non nego di aver impiegato diverso tempo a scriverlo, sia per la concomitanza con altri progetti, sia per la carenza di idee che ad un certo punto ha preso il sopravvento. Come è già stato detto, la prima parte è nata quasi all’improvviso, osservando i vari personaggi che riuscivano a legarsi vicendevolmente e creare un filo conduttore in maniera quasi automatica. Per la seconda parte è stato diverso. Il romanzo è rimasto ‘fermo’ diverso tempo prima di riuscire a trovare una sua strada e mettere in chiaro tante situazioni. Il mio modo di scrivere i romanzi è lo stesso che utilizzo per i racconti. Di getto. E se per un racconto di poche pagine va più che bene, per un romanzo è deleterio! Ci sono scrittori (la maggior parte) che partono da un punto A (l’inizio) ed arrivano ad un punto Z (la fine), costruendoci la storia nel mezzo passando tra i vari B-C-D-E-ecc. Altri hanno dei punti fissi (A-E-I-O-U) su cui ruota la storia e si arriva ad una conclusione sfruttando questi capisaldi. Io vado a ruota libera! Parto da A, arrivo a S, però poi ripasso da F e poi di nuovo a N e indietro ancora! Di solito inizio sempre bene, ottima partenza, sviluppo dei personaggi (adoro lavorare sulla loro psicologia) e dell’ambientazione, dopo di che inizio a perdere la spinta. Non so mai dove andrò a parare inizialmente, butto giù dettagli, frasi, e mi piace successivamente andare ad unire tutti i puntini che lascio in giro per il romanzo e dargli un senso. A volte è impossibile e mi vedo costretto a cambiare strada, altre volte è quasi spontaneo. Il romanzo cresce con me e, di tutte le possibili deviazioni che potrebbe prendere la storia, solo la strada finale è quella giusta. Per questi motivi non ho mai desiderato cambiare nulla del romanzo. Collo di Bottiglia è così perché doveva essere così, non c’erano altre vie!


Quando l’autore scrive la parola ‘Fine’ cosa prova, pensando al fatto che la fine è solo l’inizio di quel cammino?


La parola fine è maledetta perché, se da un lato capisci che un percorso (la scrittura) si è concluso, un altro altrettanto importante (la vita del romanzo fuori dalla mia testa) sta per iniziare. Normalmente la ‘fine’ reale del romanzo avviene qualche settimana o mese dopo la scritta ‘Fine’ sul testo. Questo perché l’editing, i ripensamenti, le correzioni, le riletture sono una parte fondamentale del processo. Poi arriva la parte più difficile: trovare qualcuno che lo pubblichi! Quindi mail, messaggi, piccioni viaggiatori, falò, ogni mezzo necessario per farsi conoscere. Segue un momento di attesa, di collezione di rifiuti, di indecisioni del se e del come. Non è semplice! Quando finisco di scrivere un romanzo mi sento un po’ come quando finisco di vedere una serie tv che mi ha appassionato molto: una sensazione di vuoto e di tentennamento. La più classica delle domande: e ora? Non sono mai stato bravo a promuovermi. Ho sempre dimostrato con i fatti. I miei gradi li ho sempre ottenuti nelle frasi che ho scritto, nelle sensazioni che ho trasmesso. Nei traguardi fatti di recensioni positive e di attestati. Per questo sono contento di aver trovato nella Writers Editor un’ottima casa editrice che crede nei suoi autori e li aiuta nella promozione del proprio scritto. Interviste, progetti e tanto altro. Sono soddisfatto della mia scelta e ringrazio tutti i ragazzi che mi stanno sostenendo!


Siamo alle battute finali quindi chiedo: progetti futuri?


Nonostante il poco tempo a disposizione continuo a buttare giù idee ed ho un sacco di progetti. Ultimamente sto leggendo romanzi distanti dal mio genere che però mi stanno affascinando e non escludo che in futuro possa scrivere qualcosa anche in stili diversi dal Thriller e dal Noir. Ho il cellulare pieno di appunti e spunti per racconti e romanzi. Idee che meritano una costruzione e argomenti molto interessanti. Nel cassetto ho un paio di romanzi iniziati qualche tempo fa quasi in contemporanea, di getto, e ovviamente lasciati poi a decantare in attesa di unire i famosi puntini e trovare poi la giusta via. Un romanzo è un Thriller ‘mio stile’ (anche se mi fa strano dire ‘mio’) crudo e di impatto con la combinazione droga-esso e rapcore! Un altro è incentrato sul mondo della televisione e sui ruoli che ne ricoprono i suoi protagonisti on screen e soprattutto dietro le quinte. Ho diversi concorsi letterari per racconti a cui voglio partecipare e diversi racconti per la testa. Infine ho in progetto un romanzo grimdark, in collaborazione con un mio amico, in cui stranamente ho già la storia, inizio e fine (punti A e Z) sopra citati. Manca la stesura. Tanti progetti considerando il mio lavoro da infermiere, in questo momento più che mai non semplice sia a livello fisico,e ma soprattutto mentale ed il mio nuovo lavoro da babbo a tempo pieno!

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Inizia con un blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: