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Amabili Interviste con Annalisa Gimmi.

Intervista a cura di Daniela Sardella

Benvenuti cari lettori all’appuntamento settimanale con le nostre Amabili Interviste. Come sapete, questo spazio è importante sia per gli Autori e sia per i Lettori perché offre una grande opportunità. Qui l’ospite si mette a nudo, racconta di sé e del personale percorso quindi offre, ad ognuno di uno, un ulteriore chiave per comprendere totalmente il libro da noi scelto o futura lettura.

Oggi la nostra ospite sarà Annalisa Gimmi, scrittrice piacevolmente conosciuta grazie a una delle nostre Collaborazioni con CE. Stiamo parlando della Horti di Giano, che ringraziamo, e il libro in questione è: “Chiamatemi Romeo” di Annalisa Gimmi. Ecco, noi abbiamo posto le prime domande, ma sapete che, la scrittrice sarà presente nel nostro Gruppo Amabili FB. L’appuntamento è Venerdì 19 dalle 17.00 alle 19.30 circa. Segnate giorno e data perché vi aspettiamo!

A voi la nostra personale Intervista. Buona Amabile lettura.

Come prima domanda chiediamo: Chi è Annalisa Gimmi nella vita di tutti i giorni?

Annalisa Gimmi è prima di tutto un’insegnante che si diverte tantissimo a fare ilsuo lavoro. Credo di essermi mantenuta “giovane nel cuore”, grazie alla vicinanza quotidiana con i ragazzi. Non mi piace quando sento parlare dei giovani come di persone piene di pretese e senza interessi, perché non è così. I ragazzi vanno guidati attraverso le emozioni e le passioni, e loro non chiedono che di incuriosirsi e di appassionarsi.Poi sono un’amante di lettura, da sempre. E di animali. Sono vegetariana e vivo con due bellissimi gatti.

• Può parlarci del personale percorso verso la scrittura? Quando è iniziato tutto?

Fin da bambina mi piaceva inventare storie e scrivere brevi racconti. Il mio primo modello è stata una zia che era una grande narratrice orale. Poi ho cominciato a scrivere in modo più “impegnato” intorno ai 20 anni. Ho due romanzi nel cassetto e diversi racconti che risalgono agli anni appena successivi all’università. Qualcuno è anche stato pubblicato, ma in quel periodo ho cominciato a occuparmi di ricerca in campo letterario ed editoriale, quindi la mia scrittura si è orientata sempre più verso la saggistica e, successivamente, il giornalismo. La parte più creativa di me ha trovato realizzazione nell’insegnamento, mentre la “prof” dopo l’orario scolastico si occupava di analisi dei testi e di ricerche di archivio. Scavare nella genesi delle opere e individuare i meccanismi compositivi degli autori significa entrare nella loro mente e capirne (e “carpirne”) i processi creativi. È stato uno studio molto coinvolgente. Mi ha affascinata anche il mondo della diffusione cultuale e libraria. In fondo i libri che si possono trovare sugli scaffali delle librerie (e oggi anche nei siti on line) sono un riflesso dell’epoca in sono stati scritti. E allo stessotempo contribuiscono a formare la platea dei lettori, i gusti e i pensieri delle persone. Un argomento che sconfina nell’analisi sociologica. Davvero affascinante.

• Per lei, cos’è scrivere?

Sarà banale, ma scrivere è vivere un’altra vita. Quella degli autori che studiavo, quando facevo ricerca. E adesso, che ho riscoperto la bellezza e la felicità della narrativa, la vita dei personaggi che nascono dalla mia penna. Scrivere è dimenticare chi sono io, ed entrare in un altro mondo. I personaggi nascono dalla mia mente e dalla mia fantasia, ma poi “camminano” da soli sulla pagina. A volte progetto di far parlare o agire un personaggio (umano o gatto che sia…) in un certo modo, e invece poi quello mi guida in altre direzioni perché ha la sua personalità, perché è “vivo”. “Chi legge vive mille vite prima di morire” fa dire dire George R. R. Martin a un suo personaggio. E chi scrive, le altre vite le crea. È esaltante

.• Oggi parleremo di: ” Chiamatemi Romeo”. Da dove nasce l’ispirazione?

Credo che la prima idea mi sia venuta quando, visitando la colonia di largo di Torre Argentina a Roma, ho scoperto che proprio lì, dove oggi passeggiano gli ospiti baffuti, è stato pugnalato Cesare alla Idi di marzo. È come se i personaggi del passato continuassero a vivere nei luoghi che li hanno visti muovere e agire. Giulio Cesare c’è ancora tra i resti della Curia di Pompeo. E ho pensato che anche i gatti ci saranno sicuramente stati allora, duemila anni fa, proprio come oggi. Noi uomini pensiamo di essere i padroni dello spazio in cui viviamo. Padroni dell’intero pianeta. E trattiamo gli altri esseri viventi come se fossero unfastidio di cui, nel caso, ci si può sbarazzare. E invece gli animali ci sono sempre stati al fianco degli esseri umani. Vivono le loro vite parallele in modo autonomo e con dignità, se l’uomo non interviene a distruggerli. E sanno interagire tra di loro e con gli esseri umani con grande empatia. Chi non lo capisce è solo perché non osserva. O non è capace di farlo. Quindi ho cominciato a chiedermi cosa avranno pensato i gatti al momento dell’uccisione di Cesare. Saranno stati spaventati? Saranno fuggiti o avranno osservato incuriositi? E poi, i gatti che sono vissuti attraverso i secoli di quali altri eventi saranno stati testimoni? Quali altri personaggi avranno incontrato? Con chi avranno stretto rapporti di amicizia?

• Vuole parlarci a grandi linee del libro?

Si tratta di 17 quadri più una cornice. Il protagonista è un gatto che si “reincarna” in diverse epoche e che attraverso i suoi occhi descrive i cambiamenti della città nel passare dei secoli. Ogni volta incontra un personaggio diverso che ha fatto la storia di Roma e racconta a modo suo, da un’angolatura tutta particolare, le stranezze e nello stesso tempo le grandezze degli esseri umani. Tra le pagine compaiono personaggi storici (imperatori, papi,artisti…) e personaggi immaginari, che rappresentano l’epoca romana, il Medioevo, il Rinascimento, su su fino ai giorni nostri. L’ultimo episodio è datato 2017. Mentre la conclusione potrebbe essere di oggi, e naturalmente è ambientata a Torre Argentina.

• Nel libro il narratore e protagonista è il gatto. Cosa ti ha spinto a raccontare le vicende storiche più eclatanti usando come protagonista il nostro amico a quattro zampe?

Tra tutti gli animali, a mio avviso, il gatto è il più magico. Osserva il mondo con i suoi occhi luminosi e lo attraversa silenzioso e leggero. È un animale che non lascia indifferenti. A seconda delle persone, e delle epoche storiche, è stato amato e addirittura venerato come divinità oppure odiato e identificato con il demonio. E poi è un po’ l’animale simbolo di Roma. Mi aveva molto colpita il riconoscimento che il Comune di Roma gli ha attribuito di “patrimonio bio-culturale” della città. È un cittadino romano a tutti gli effetti, con buona pace di quelle città (o di quelle persone) che lo considerano un motivo di “degrado”.


•Perché hai scelto Roma come ambientazione? Hai un legame particolare con questa città?

Certamente per il forte legame del gatto con la città. E poi perché Roma è davvero Caput mundi. Tutta la storia è passata sui suoi sampietrini, leggera come le zampe dei gatti, e ha lasciato la sua impronta, i suoi segni.
Poi la mia conoscenza di Roma passa attraverso un’amica, che è più una sorella, che vive in città ormai da vent’anni. E ogni volta che la vado a trovare ci ritagliamo qualche angolo da esplorare, un museo da visitare, un nuovo locale dove cenare… Roma è legata a delle vacanze bellissime, e non da semplice turista. Affetto e sorpresa sono sempre presenti, in ogni mia permanenza romana.


• Nei diciassette episodi, il simbolico Romeo scruta lati sconosciuti e personali riguardo gli storici noti a noi tutti. Cosa ha scaturito l’idea di scrivere di costoro dal punto di vista del gatto?

Proprio la magia di questo animale. Il gatto non regala amore incondizionato come fa il cane. Il gatto è un’anima libera e sembra soppesare le persone prima di decidere se può concedere la sua fiducia. Appare quindi, di volta in volta, come un folletto sfuggente oppure come un osservatore attento e critico. E poi è di una fragilità estrema, e di una bellezza disarmante.

Qual è il rapporto che hai con gli animali in genere? Quale di essi si avvicina alla tua personalità?

Beh, tanto ho parlato di gatti che non posso smentirmi… certamente io mi sento un gatto. Amo la libertà e scelgo sempre con maggiore attenzione le persone con cui passare il mio tempo. Sono curiosa e voglio sperimentare. E inseguo i miei sogni, nonostante l’età che avanza… mi sento molto come la gatta Tricolore protagonista di uno degli episodi del libro.
Poi, come ho già anticipato, amo tutti gli animali. E non certo perché non apprezzi gli esseri umani, come affermano molti faciloni che vogliono liquidare il problema senza pensare. Anzi, credo che sia il contrario: non si possono amare davvero gli animali se non si passa prima attraverso il riconoscimento e l’amore per l’uomo. E se non si sono prima superati tutti i muri che la stupidità umana costruisce nei confronti del diverso, per sesso, per razza, per origini, per fede religiosa.
D’altra parte proprio l’Illuminismo, il movimento filosofico che per primo ha riconosciuto l’uguaglianza tra tutti gli uomini, ha parlato anche dei diritti degli animali. Lo ha fatto Voltaire. E lo ha fatto Jeremy Bentham, riconosciuto come il primo pensatore dell’età moderna ad aver affrontato il tema in modo organico.

• Quanto è importante, per l’autore, il supporto della Casa Editrice? Può parlarci della sua esperienza?

Più che importante, direi che è essenziale. La mia esperienza mi ha portata da un estremo all’altro di quello che il panorama editoriale propone oggi. Il mio primo volume di saggistica è stato pubblicato da un noto editore milanese e ha avuto ottimi riscontri, poi mi sono rivolta a una piccola Casa editrice che, pur confezionando libri di grande qualità, non ha assolutamente curato la distribuzione. E i miei libri sono caduti nel silenzio. Questo è un grave danno per l’autore, oltre che per lo stesso editore, direi. Proseguendo, ho avuto un’esperienza terribile con il mio primo libro di narrativa. Un editore NO EAP ma inaffidabile, che ha trattato molto male me, e anche altri autori. C’è davvero di tutto nel panorama editoriale e bisogna stare molto attenti alle trappole travestite da grandi occasioni. Adesso finalmente, con Horti di Giano, ho trovato un editore attento ed equilibrato, che sta sostenendo il mio libro nei modi migliori. Chiamatemi Romeo, inteso come “prodotto” librario è davvero bello e ha delle splendide illustrazioni, di cui sono molto grata. E la diffusione è attenta, per quanto possibile capillare. Sono davvero riconoscente a Simone Colaiacomo e a tutta la Casa editrice, perché mi sento sostenuta. È molto rassicurante, per l’autore.

• Progetti futuri?

Sto lavorando ancora sull’idea del passato che rimane come “impigliato” nei luoghi e nelle persone, e sto scrivendo un giallo ambientato nella mia città, Pavia. La storia di questo piccolo centro lombardo è generalmente poco nota, spesso anche agli stessi pavesi. Ma la zona vecchia parla da sola: vie strette e sassose che scendono verso il fiume, case rosse di mattoni, torri medievali. E poi un Broletto del XIII secolo e un castello quattrocentesco. Nel Medioevo Pavia è stata un grande centro, capitale dei longobardi, prima, e del regno d’Italia nei secoli immediatamente successivi. In seguito, piano piano, è decaduta, parallelamente all’ascesa di Milano, e ha vissuto secoli bui. Ha avuto un altro momento di fulgore nel periodo austriaco, quando Maria Teresa ne ha voluto fare il secondo centro universitario dell’Impero. Ma poi la grandezza di Milano ha avuto la meglio e Pavia è rimasta relegata nella sua tranquilla e sonnacchiosa provincia. In uno dei periodi che ho nominato ha inizio la vicenda che sto cercando di raccontare e che in alcuni tratti si tinge di sfumature inquietanti. E con la storia spero di raccontare anche un po’ delle atmosfere magiche della mia città, che io amo tantissimo.

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