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Intervista a Luca Giribone e Manuela Giussani

Intervista a cura di Jennifer Gaspari

Bentornati Amabili Amici al nostro amato Angolo Intervista. Questo spazio, come ben sapete, lo dedichiamo a quegli autori che vogliamo conoscere un po’ di più, autori che magari si stanno facendo spazio fra tanti in modo distintivo, in modo particolare. E’ questo il caso di Luca Giribone, un affezionato, oramai, di Amabili Letture. Luca è uno scrittore di talento, divenuto “caso editoriale” con il suo primo romanzo “New York, 1943. Forse” che avevamo avuto l’onore di recensire. Luca è un autore che ci piace seguire per il suo essere provocatorio nei suoi scritti, ed è anche questo il caso del suo ultimo racconto: “L’Opportunista”. Questa short story, è ambientata nell’esatto momento storico in cui è stata scritta, ovvero durante l’esplosione della pandemia di Covid-19. Nasce per narrarne un preciso aspetto e soprattutto nasce per devolverne il ricavato alla Croce Rossa e ad altre associazioni culturali. Nasce per aiutare ed è principalmente per questo motivo che abbiamo voluto questa intervista, perché sono gesti come questi, quelli di cui abbiamo bisogno. Oltre a Luca, avremo modo di ascoltare anche la voce di Manuela Giussani, infermiera di rianimazione presso l’Ospedale “San Paolo” di Milano, che ha potuto dare il suo apporto vero e concreto ad una storia con non si nasconde dietro alla verità. Buona lettura.

Innanzitutto benvenuto Luca e benvenuta Manuela, è davvero un enorme piacere avervi qui con noi. Come prima domanda, io chiederei ad entrambi come e perché avete pensato di collaborare in questo progetto? Vi va di spiegarcelo un po’?

Grazie a voi per questa bellissima occasione. La promozione dei miei romanzi vive moltissimo in libreria, dove incontro lettori con i quali spesso nasce un dialogo che non si esaurisce alla firma del libro, ma prosegue attraverso lo scambio di idee e opinioni su temi letterari ma anche sulla condivisione di storie di vita vissuta. È un’occasione di arricchimento straordinaria, che nel caso di Manuela, mi ha messo in contatto con una persona piena di coraggio e abnegazione sul lavoro e nella vita, una persona che ha vissuto in prima linea il COVID-19 e mi ha fatto l’onore di volermi inviare i suoi appunti “dal fronte”, esperienze scioccanti che non potevano lasciarmi indifferente e che mi hanno convinto a dare un piccolo contributo letterario alla battaglia contro questa insidiosa, spietata malattia.

Luca, un racconto o libro sul Covid-19… ne sono nati tanti, ma il tuo è un racconto “a modo tuo”, come ti è venuta l’idea di un’impostazione così particolare per raccontare un fatto che ha colpito le vite di tutti noi?

Ogni autore ha il suo modo di raccontare storie, ai lettori poi il compito di decidere se la “personalità artistica” che vive fra le pagine che sfogliano sia interessante o meno. Per parte mia, ho scelto di portare quello che ormai ritengo essersi consolidato come il mio stile letterario, in un racconto legato alla pandemia, che non doveva in alcun modo diventare un diario né tantomeno il manifesto di qualsivoglia posizione ideologica. Ho scelto una delle soluzioni narrative che preferisco: il punto di vista impossibile. Il racconto inizia da quella che pare la riflessione di un paziente di terapia intensiva, che in un modo apparentemente inspiegabile interagisce con i personaggi che si muovono intorno a lui. Da qui scaturisce il mistero che sarà svelato solo alla fine.

Parliamo della parola chiave del tuo racconto: “Opportunismo”. Cosa intendi tu per opportunismo? È qualcosa di condannabile o, semplicemente, risiede nella natura di ogni essere cadere nell’opportunismo?

Ritengo che l’egoismo, inteso in senso assoluto, sia una spinta inalienabile dell’essere umano: siamo tutti egoisti, come ci insegna l’antropologia l’uomo non mira al “bene” ma al suo bene personale. Fino a che questo non lede la dignità e la libertà altrui, nell’egoismo non c’è malevolenza né crudeltà. Diverso è l’opportunismo: ferisce la propria integrità, non solo quella altrui, nel momento in cui prostituisce un interesse personale che potrebbe essere sano e naturale, e lo fa attraverso il morbo della menzogna, quello della falsa rappresentazione di sé, quello dell’adulazione.

Nei tuoi racconti e romanzi c’è sempre un lato misterioso, tutto da scoprire. Come arrivi a confezionare in modo così articolato quei misteri? Come costruisci questi labirinti mentali?

Temo che questo possa avere a che fare con qualche tipo di patologia psichiatrica mai diagnosticata, ma cerco di coltivare il mio demone senza indagare troppo in profondità sulla sua radice patologica. 😊

Il messaggio de “L’opportunista” è chiaro e forte, ma non si può ovviamente svelare, altrimenti il mistero cadrebbe… Quindi ti chiedo, cosa ha significato invece per te, autore, scrivere questo racconto? Cosa ha lasciato a te, una volta scritta la parola “fine”?

Due semplici, bellissime sensazioni, che spero di trasmettere anche ai lettori: quella di aver espresso in maniera differente qualcosa che tanti hanno raccontato, ma non in questo modo, e quello di aver “chiuso il cerchio” del racconto con il giusto colpo di scena.

I protagonisti del tuo racconto non sono tutti “positivi”, passami il termine, visto ciò che ora per noi ha iniziato a significare in questo anno. Anzi, diciamo che fino alla fine li vediamo tutti, un po’ opportunisti. Ma ce ne sono due, gli infermieri, che invece diventano un po’ le uniche “facce vere” del racconto. Perché dare proprio a loro questo compito?

Perché reiterare definizioni fin troppo abusate in questo periodo emergenziale, “angeli in corsia” e simili, quando la missione di chi affronta la sofferenza umana prende corpo ogni giorno e non è stata certo inaugurata dal Coronavirus, mi sembrava retorico e poco rispettoso: ho preferito costruire due personaggi tridimensionali, che attraverso la loro personalità, le loro scelte e anche i loro umani, normalissimi difetti, potessero diventare il punto di svolta di una intricata vicenda legale, finanziaria e naturalmente sanitaria. Un thriller dell’anima umana, risolto da coloro che per mestiere salvano vite.

Parliamo, appunto, di questi infermieri, so che per creare questi personaggi hai potuto contare su un aiuto “sul campo” qui infatti entra in gioco Manuela. So che può essere difficile raccontare ciò che accadeva e accade ancora oggi negli ospedali. Ci puoi raccontare cosa si provava, che emozioni dovevate affrontare quando la pandemia è scoppiata?

Prima di tutto nessuno sapeva di cosa stessimo parlando, il Covid-19 era un po’ un’entità sconosciuta. Non era chiaro cosa facesse e come si curasse e quindi… tanta incertezza. Poi la paura di venire contagiati, le corse disperate in reparto rianimazione per cercare di far fronte a ciò che ci veniva chiesto di fare, alle terapie da preparare ecc… il tentativo di salvare persone. Spesso venivano ricoverati pazienti che dimostravano subito dopo di non farcela e questo era terribile perché era come se si lasciassero andare e morivano in gran numero.
Il livello di stress del personale ospedaliero e in particolare della rianimazione è sempre stato discretamente alto. E la cosa più terribile è che in televisione continuavano a dire che a morire erano solo gli ottantenni.
I nostri pazienti andavano dai 40 ai 65 anni e morivano!

Da qui nasce la vostra collaborazione verso un progetto che ci è piaciuto subito molto. I proventi infatti andranno destinati alla Croce Rossa. Quanto possono aiutare questo tipo di iniziative a sconfiggere o perlomeno ad aiutare chi cade nella trappola Covid-19?

Onestamente non lo so. Forse, passatemi una frase quasi provocatoria, non voglio saperlo. Semplicemente cerco di fare tutto quanto mi è possibile per dare il mio contributo senza chiedermi quale sia la misura del risultato ottenuto: situazioni come quella che stiamo vivendo sono sproporzionate rispetto a ognuno di noi, preso singolarmente, ma la somma dei nostri sforzi può davvero portare un aiuto efficace. Anche per questo ho scelto di dedicare l’iniziativa a una specifica sede della Croce Rossa, a me vicina (quella della città di Gallarate, un’area profondamente colpita dall’epidemia come tutti i comuni lombardi).

Oltre alla Croce Rossa verranno aiutate anche altre associazioni culturali, ce ne parli Luca?

Si tratta di alcune piccole associazioni che sostengono l’inserimento dei giovani nel mondo dell’arte e della cultura, letteralmente spezzato dalla pandemia, e che si sono “mobilitate” per sostenere questo piccolo grande progetto, che a sua volta cercherà di sostenerle con entusiasmo e partecipazione.

Ora, ringraziandovi sia per questa intervista, sia per aver messo in piedi questa bellissima ed onorevole iniziativa, vorrei fare una domanda a te Luca, che riguarda i tuoi prossimi progetti… Quando ci delizierai di nuovo con la tua geniale penna?

Intanto ti ringrazio per lo splendido complimento. Sono felice di annunciare che da ottobre sarà nelle librerie e negli store online il mio nuovo romanzo, “LINX”, un distopico la cui narrazione è condensata in sole 24 ore, nel corso delle quali il protagonista dovrà portare alla luce il grande inganno che ha cambiato per sempre la sua vita, un thriller fantascientifico ambientato in uno scenario inquietante e decadente, minacciato da presenze che saranno svelate pagina dopo pagina e a cui i personaggi fanno riferimento chiamandole semplicemente “gli Altri”.

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